Cause meteo d’innesco di una colata detritica: i temporali e i temporali forti

La frazione liquida è una componente fondamentale nella movimentazione del sedimento che si trova su un versante montuoso ad elevata pendenza (>15°) e che dà origine alle colate detritiche. 

La maggior parte delle colate si innesca a seguito di eventi piovosi caratterizzati da precipitazioni a carattere impulsivo come rovesci e temporali. In particolare è l’intensità della precipitazione in un arco di tempo, o tasso di precipitazione, ad essere determinante nel provocare condizioni favorevoli all’innesco di una colata: con intensità di precipitazione elevate, anche in breve tempo, si possono registrare significative altezze d’acqua capaci di innescare un intenso deflusso superficiale in grado di movimentare il sedimento.

La manifestazione di fenomeni convettivi come rovesci o temporali accresce quindi la possibilità che vi sia un innesco di una colata detritica e il periodo dell’anno in cui questo tipo di precipitazione è più frequente varia sia con la latitudine che con la quota. Nella zona alpina e dolomitica, questo periodo va mediamente da maggio a settembre, mentre si osserva un minimo nella stagione invernale. Negli ultimi decenni, però, si registrano con una certa frequenza eventi a carattere convettivo anche al di fuori dei mesi estivi, con il rischio concreto che si verifichino eventi di colata detritica in periodi dell’anno considerati anomali.

I rovesci e i temporali sono caratterizzati da variazioni di intensità di precipitazione rapide e notevoli, sia nello spazio sia nel tempo. I rovesci solitamente sono localizzati e hanno una breve durata, ma in alcune determinate condizioni meteorologiche possono rigenerarsi con una certa frequenza e intensità sulle medesime aree, determinando una persistenza delle precipitazioni. I temporali sono contraddistinti dalla presenza di un’imponente nube a sviluppo verticale, chiamata cumulonembo, da tuoni e fulmini, piogge intense, raffiche di vento ed eventualmente grandine e anche trombe d’aria.

Figura 1 Atlante nubi

I temporali hanno un’estensione che varia in funzione delle caratteristiche fisiche del sistema convettivo: ci sono i temporali non organizzati o  a singola cella (es. temporale di calore), che sono isolati, agiscono su una piccola porzione di territorio e sono favoriti dalle condizioni locali e dall’orografia e ci sono i temporali organizzati, o multi cella, come i cluster, la squall line, l’autorigenenerante, l’MCS (Mesoscale Convective System), l’MCC (Mesoscale Convective Complex), ecc. la cui estensione spaziale può arrivare anche centinaia di chilometri e sono associati a forzanti meteorologiche a più grande scala come i sistemi frontali. 

Il ciclo di vita di un fenomeno temporalesco è funzione anch’esso delle caratteristiche fisiche del sistema: i temporali non organizzati sono quelli la cui durata media è limitata nel tempo e compresa mediamente tra i 15 e i 30 minuti, con limite massimo di 1 ora; i temporali organizzati invece possono avere una durata che varia da 1 ora fino a 2/3 ore e le precipitazioni assumono così carattere di persistenza. Ogni singolo temporale, organizzato o non organizzato, può determinare situazioni di criticità più o meno estese sul territorio a seconda dell’estensione spaziale e più o meno gravi a seconda dell’intensità delle precipitazioni e della loro durata. In particolare è l’intensità della precipitazione nel tempo ad essere il parametro che in assoluto determina una situazione di criticità più o meno grave. Bisogna quindi distinguere i temporali non solo per la loro estensione spaziale, ma anche per la loro caratteristica più importante, quella di generare precipitazioni tra il moderato e il forte, forti, molto forti o a carattere di nubifragio. Ecco quindi che si distingue tra temporali e temporali forti, dove quest’ultimi sono fenomeni convettivi il cui elevato tasso di precipitazione (rainrate > 30-40mm/h) permette di far accumulare ingenti quantità di acqua in breve tempo, rendendo più favorevoli non solo le condizioni per l’innesco di una colata, ma anche una sua grande magnitudo.

Figura 2 Temporale (fonte: ARPAV)

È molto importante quindi non tanto l’altezza di precipitazione, ma con quale rapidità di tempo essa si accumula, ovvero il tasso di precipitazione. Il tasso orario di precipitazione dà una misura dell’intensità della precipitazione e ancora di più i tassi di precipitazione a scale temporali minori, ad es. nei 5 o 10 o 30 minuti. Per questo motivo vengono definite delle soglie pluviometriche, che servono ad indicare un valore minimo di pioggia, in un determinato intervallo di tempo, superato il quale è altamente probabile che si verifichi una colata detritica. Queste soglie sono determinate tramite indagini di tipo statistico sulla base di dati relativi a eventi pregressi nella zona in esame. 

Ecco quindi che le soglie pluviometriche sono caratteristiche di ogni bacino che viene preso in esame, a causa delle diverse condizioni geologiche, morfologiche e idrologiche che ogni sito presenta.

Le precipitazioni in genere e i fenomeni convettivi sono favoriti dall’orografia che interagisce fortemente con la circolazione atmosferica, in quanto i contrafforti montuosi offrono in generale uno sbarramento al flusso di correnti dominante che impatta su di essi, in particolare quando la massa d’aria è umida ed instabile (ad esempio in presenza di una circolazione ciclonica), determinando sui versanti sopravento la genesi di molte nubi e di precipitazioni, più significative laddove il flusso di correnti umide ed instabili impatta perpendicolarmente un versante montuoso (interazione flusso-orografia).  Inoltre un contesto montuoso può favorire la risalita di aria caldo umida già in sollevamento per il riscaldamento del suolo. Accade infatti nelle stabili giornate di tarda primavera e di estate che la forte radiazione solare del mattino e del primo pomeriggio riscalda fortemente il terreno il quale, rilasciando calore, innalza la temperatura dello strato d’aria a contatto con esso, creando le cosiddette bolle d’aria o termiche. Questo strato d’aria andrà a trovarsi ad una temperatura superiore dello strato di aria immediatamente sovrastante, diventando meno denso e portando alla possibile formazione di moti ascendenti nei quali l’aria più fredda, che sta sopra, andrà incuneandosi sotto quella calda che sta a contatto con il suolo e che verrà quindi scalzata dalla sua sede iniziando a galleggiare. Ecco quindi che si generano delle bolle d’aria o delle termiche che, muovendosi in seno alle correnti portanti, possono incontrare delle montagne che le costringono a salire forzatamente.

Figura 3: cumulogenesi (fonte: ARPAV)

In realtà questa costrizione permette alla bolla di continuare la sua ascesa con minor dispendio di energia fino a che si troverà più fredda dell’ambiente circostante. Inoltre i versanti delle montagne danno un ulteriore contributo al sollevamento di una bolla termica, in quanto il sole che scalda i pendii, soprattutto rocciosi, favorisce il distacco di ulteriori bolle d’aria in loco che si vanno ad aggiungere alle altre, creando un flusso costante in risalita. Iniziano quindi a formarsi i primi cumuli, che poi con condizioni meteorologiche adeguate (ad esempio la presenza di aria fredda in quota a 500hPa) degenerano in cumulonembi, dando vita così a strutture temporalesche.

I temporali, così come i rovesci intensi anche se non sviluppano attività elettrica, sono imprevedibili per quanto riguarda l’esatta intensità, localizzazione e tempistica. In un’attività di previsione meteorologica, si può valutare la presenza di condizioni favorevoli allo sviluppo di temporali, ma non è possibile prevedere esattamente dove e quando si formano le celle temporalesche e i fenomeni associati, come pioggia, grandine,fulmini, raffiche di vento. 

Per questo motivo è preferibile esprimersi in termini di probabilità di accadimento del fenomeno su una determinata zona geografica, in particolare nella previsione dei temporali forti. Tra questi è importante ricordare il temporale di calore, che si attiva nelle stabili e calde giornate d’estate solitamente in montagna – ma non è escluso in pianura – e che provoca precipitazioni estremamente forti per alcuni minuti (anche >1mm/min). Sono temporali estremamente limitati nello spazio e non organizzati, ma pur sempre pericolosi per la violenza della precipitazione e per il rischio associato idrogeologico.

Bisogna quindi ricordare quanto scritto prima, ovvero che ogni singolo temporale, organizzato o non organizzato, può determinare situazioni di criticità più o meno estese sul territorio a seconda dell’estensione spaziale e più o meno gravi a seconda dell’intensità delle precipitazioni e della loro durata.

Le colate detritiche possono verificarsi anche a seguito di precipitazioni abbondanti stratiformi o stratiformi/convettive e distribuite in un arco temporale di 24h, 36h, 48h e più, caratterizzate da momenti di pausa ma anche da fasi diverse nella loro intensità. Ad esempio durante la stagione autunnale, in particolare nella prima metà del trimestre, si verificano solitamente gli episodi di pioggia più abbondanti a sud delle Alpi, dovuti al transito di una o più perturbazioni in seno ad ampie e strutturate circolazioni depressionarie, quest’ultime in grado di influenzare la circolazione atmosferica su scale spaziali di migliaia di chilometri (scala sinottica). Queste perturbazioni hanno un centro di azione – ad esempio un minimo di pressione al suolo – al quale fanno riferimento il ramo frontale caldo e freddo.

Durante il transito del fronte caldo e di tutto il suo settore caldo si verificano precipitazioni di tipo stratiforme, ma non sono da escludere brevi precipitazione a carattere convettivo, sottoforma di rovesci, dovute a isolati cumuli presenti tra i nembostrati. La cumulata che si registra in questa fase può risultare già abbondante in seguito alla continuità e durata delle precipitazioni piuttosto che alla loro intensità, in quanto le stesse risultano solitamente di intensità debole o moderata, e difficilmente di intensità elevata. Con un andamento delle precipitazioni di tale tipo, il terreno va gradualmente incontro alla saturazione, diventando più impermeabile nei primi strati e favorendo un deflusso superficiale in grado di iniziare a movimentare il sedimento che in taluni casi si rivolge a valle seguendo le ripide pendenze delle forre. Durante il transito del fronte freddo si fanno più frequenti i cumuli e i cumulonembi in grado di generare precipitazioni convettive, anche frequenti e intense, sebbene solitamente di breve durata. Queste ulteriori precipitazioni, di tipo impulsivo, possono portare al successivo innesco di una colata con una maggior magnitudo in quanto l’intensità della precipitazione è mediamente ben più elevata rispetto a quella della prima fase.

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