Cos’è un Radar meteorologico: l’importanza del monitoraggio in tempo reale delle precipitazioni

Il Radar, acronimo di Radio Detecting And Ranging, nacque in un primo momento per scopi prettamente militari e proprio durante il suo primo impiego per scopi difensivi bellici, intorno al 1940, si scoprì che questo sensore era in grado di rilevare anche oggetti o target diversi da aeromobili o navi in avvicinamento, come ad esempio le idrometeore (pioggia, neve, grandine). Iniziò quindi un’attività di ricerca per scopi meteorologici fino ad arrivare all’utilizzo del Radar anche in ambiti operativi e per fini di Protezione Civile

L’osservazione di un volume atmosferico attraverso il Radar rientra nelle attività di telerilevamento, che permette di osservare e studiare oggetti posti a distanza da un osservatore attraverso l’utilizzo delle onde elettromagnetiche. In particolare il Radar meteorologico emette un’onda elettromagnetica, nello spettro delle microonde, che viene trasmessa per mezzo di un’antenna nella libera atmosfera. L’onda colpisce le idrometeore che incontra nel suo percorso e la sua energia viene in parte assorbita da queste, in parte riflessa dalle stesse in tutte le direzioni. Una piccola parte di quest’onda viene retro diffusa (backscattering) direttamente al Radar e successivamente analizzata. Si ha quindi un segnale in partenza avente una certa energia – circa 106 W – e un segnale di ritorno, chiamato “eco”, acquisito dall’antenna e avente un’energia minore – circa 10-3 W – di diversi ordini di grandezza. Ciò che viene misurato dal ricevitore del Radar è la variazione di potenza tra l’onda trasmessa e l’eco di ritorno, ovvero una frazione di quell’energia trasportata in principio dal segnale elettromagnetico: questa frazione di energia viene chiamata riflettività, indicata con Z, ed è misurata in mm6/m3 , ma dato che nella realtà essa può coprire un ampio intervallo di valori, da segnali molto deboli a segnali molto forti, può essere conveniente esprimerla in dBZ, ovvero mediante la scala logaritmica decibel.

Figura 1 schema funzionamento RADAR (fonte: ARPAV)

La riflettività è legata al numero di particelle, idrometeore, per unità di volume e alla sesta potenza del loro diametro (Z~D6) ed è una misura di quanta potenza è stata retro diffusa (baskscatterata) da ogni singola idrometeora (pioggia, neve, grandine) e dipende dalla dimensione, dalla forma e dalla composizione delle idrometeore analizzate: perciò le gocce di pioggia grandi, ma anche la grandine, retro diffondono più energia e il ricevitore del Radar misura alti valori di riflettività. Di contro la neve ha una riflettività più bassa (5<Z(dBZ)<30).

Per avere una corretta misura della riflettività, è necessario che vi sia prima una corretta calibrazione del ricevitore del Radar e successivamente dell’equazione Radar tramite ad esempio il confronto con i dati provenienti da disdrometro (Drop Size Distribution meter), uno strumento che tramite un laser rileva simultaneamente la dimensione e la velocità di caduta delle idrometeore. L’equazione radar mette in relazione la potenza del segnale trasmesso dal Radar (conosciuta), con quello di ritorno retrodiffuso (misurato), al fine di poter calcolare la riflettività. È proprio l’accuratezza nella misura della potenza del segnale di ritorno a permettere di calcolare un valore attendibile di Z, che può essere successivamente messo in relazione con l’intensità di precipitazione R (espressa in mm/h). Z-R sono infatti legati da un’equazione dalla quale si può ricavare l’intensità della precipitazione R(mm/h). La grandezza ottenuta è calcolata matematicamente ed è l’utilizzo di un idoneo set di parametri nell’equazione che permette di ottenere una stima accurata della precipitazione, che può essere messa a confronto con i dati puntuali dei pluviometri a terra. Stimando l’intensità di precipitazione in maniera accurata, è possibile ottenere successivamente il cumulato delle precipitazioni su una determinata area o territorio. Inoltre il tempo che il segnale trasmesso impiega a tornare indietro dopo essere stato retro diffuso dalle destinazioni intercettate, ci permette anche di capire la distanza alla quale si trovano le idrometeore.

In un’ottica di monitoraggio di Protezione Civile, al fine di mitigare il rischio idraulico e il rischio idrogeologico in seguito ad avverse condizioni meteorologiche, il Radar rappresenta uno dei sensori di telerilevamento fondamentali. L’alta risoluzione spaziale e temporale del dato dipende anche dalla strategia di scansione utilizzata per monitorare un volume di cielo in un determinato contesto precipitativo e territoriale e permette di avere un dato più rappresentativo di quello puntuale derivante dal pluviometro. Anche in ambito meteorologico esistono diverse tipologie di Radar, che si differenziano l’un dall’altro non solo per le componenti hardware e software, ma soprattutto per le proprietà fisiche del segnale elettromagnetico che utilizzano: banda S, banda C, banda X, banda K e banda W sono i nomi dei Radar di tipo meteorologico che utilizzano la propria banda di frequenza e di lunghezza d’onda a seconda dello scopo richiesto. Ecco che i sensori più comunemente utilizzati per le attività operative e di monitoraggio di Protezione Civile ai fini dell’allertamento sono quelli in banda C e banda X, anch’essi molto diversi tra loro.

Figura 2 Radar meteorologico (fonte: ZAMG)

Oltre alla caratterizzazione del Radar meteorologico appena descritta, bisogna sottolineare che esistono anche i Radar Doppler e/o polarimetrici, il cui utilizzo dà ulteriori informazioni sulle idrometeore analizzate. Attraverso infatti i Radar Doppler si può conoscere la velocità radiale di una particella V (m/s) determinando la sua variazione di frequenza e capire se questa si sta avvicinando  o allontanando dal sito ove è locato il Radar.La funzionalità polarimetrica, o a doppia polarizzazione, permette di avere informazioni aggiuntive di tipo qualitativo sull’idrometeora che i radar a singola polarizzazione non permettono di avere. Riguardo a questo c’è da sottolineare il fatto che alcuni dei radar meteorologici oggi esistenti sono a singola polarizzazione e quindi trasmettono e ricevono il segnale elettromagnetico con un’unica polarizzazione, quella orizzontale. La caratteristica polarimetrica permette invece di inviare e ricevere le onde elettromagnetiche sia rispetto alla loro polarizzazione orizzontale che rispetto a quella verticale e il segnale di ritorno fornisce così una misura della dimensione verticale e orizzontale dell’idrometeora, permettendo così di stimare la fase, la forma e l’intensità della stessa. La riflettività differenziale, ZDR (dB), ad esempio, è una grandezza tipica del radar polarimetrico ed è un rapporto della potenza restituita con polarizzazione orizzontale e verticale dal segnale di ritorno: è un buon indicatore della forma dell’idrometeora (oblata, goccia di pioggia, sferica, chicco di grandine, oppure cristalli di neve), nonché della sua fase (liquida o solida) e intensità, oltre a identificare eco di destinazioni non meteorologiche. Tra i vantaggi di un Radar polarimetrico vi è quello di poter migliorare significativamente l’accuratezza delle stime della quantità di precipitazione e anche distinguere tra pioggia molto intensa, che presenta alti valori di Z (riflettività) e di ZDR (riflettività differenziale) e grandine, che presenta anch’essa alti valori di Z, ma bassi di ZDR.

Figura 3 Riflettività (Z) di una cella temporalesca, sezione trasversale. Alti livelli di riflettività: rosso; Bassi valori di riflettività: blu. (fonte: ZAMG)

Per una buona attività di monitoraggio di un determinato territorio bisogna considerare le caratteristiche geomorfologiche del territorio e considerare quelli che comunque sono dei limiti anche per il Radar, come ad esempio gli ostacoli opposti dai rilievi ma anche la distanza. In un contesto nazionale è fondamentale avere una rete di sensori che, prevalentemente a banda C e di tipo Doppler, siano distribuiti sul territorio per monitorarlo, in modo tale che il segnale possa liberamente scandagliare grandi volumi atmosferici anche a distanza e si possa creare così un composito nazionale. In determinati contesti regionali si utilizza anche il radar in banda X che, a differenza del Radar in banda C che analizza le idrometeore anche a distanze di circa 200 km, monitora la volta atmosferica su uno spazio più ridotto che vai dai 90km, ai 30/40 km per uso operativo. Se i Radar in banda C sono più potenti nella gittata del segnale e nella scansione dell’atmosfera a distanze rilevanti dalla sorgente di emissione, i Radar in banda X riescono a leggere meglio ciò che accade in atmosfera soprattutto tra i 30 e 40 km di distanza, dando un ulteriore elemento qualitativo e quantitativo del dato.

Figura 4 Probabilità di grandine. Rosso = maggiore probabilità di grandine (fonte: ZAMG)

Oltre alla funzione di monitoraggio, le informazioni derivanti da un Radar meteorologico sono utili anche per applicazioni di tipo idrologico, come ad esempio la stima della quantità di precipitazione caduta su un bacino idrografico, l’intensità del fenomeno meteorologico su una zona ristretta e le possibili implicazioni in termini di deflusso superficiale ecc., aspetti che il singolo pluviometro non è in grado di rilevare. Inoltre i dati di pioggia del Radar possono essere utilizzati a loro volta come dati d’ingresso di un modello idrologico, come nel progetto INADEF. Infine, ma non meno importante, il dato Radar può essere utilizzato come dato di ingresso di un modello meteorologico anche ad alta risoluzione, come il modello INCA, che permette di poter fare attività di previsione e di Nowcasting o previsione a breve termine.

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